Giuseppe Assandria nacque in Bene il 22 luglio 1840, si laureò in Chimica all’Università di Torino. Sposo felice, padre affettuoso di tre bambini, nonno capace di far divertire i nipoti. Studioso eccellente in diversi campi del sapere: archeologia, storia, numismatica, biblioteconomia, botanica, genealogia; discipline nelle quali seppe dare un contributo sempre nuovo ed originale, legandosi alle vicende storiche della sua terra.
Giovanni Vacchetta, nato a Cuneo nel 1863, ma di antica famiglia benese, dopo gli studi all’Istituto Tecnico di Cuneo e all’Accademia Albertina di Torino si mise in luce per la sua abilità nel disegno tecnico. Insegnante al Museo Industriale e al Politecnico di Torino, artista liberty, designer, Vacchetta fu anche un esperto d’arte ed uno storico particolarmente attento alla conoscenza e alla conservazione dei beni culturali della ‘Granda’. La morte incidentale lo colse nella casa dell’amico fossanese Italo Mario Sacco nel 1940.
All’inizio del secolo i due storici benesi si dedicarono con successo alla ricerca dell’Augusta tante volte citata dagli scrittori latini. Gli studi sul territorio vennero condotti tra il 1892 ed il 1908 con tecniche archeologiche ormai largamente superate. I due, disponendo di ingenti somme di denaro, poterono pagare di tasca propria dei braccianti, arruolati prevalentemente nella zona del Podio e della Roncaglia, per scavare su quelle terre che intuitivamente si credettero custodire i resti della romanità. Le perlustrazioni del sottosuolo venivano effettuate nei periodi di incolto, quando non si arrecavano danni alle colture. Gli appezzamenti venivano infatti affittati in autunno, scavati nei mesi a seguire e nuovamente spianati in primavera e restituiti ai proprietari per la nuova annata agricola.
Le operazioni diedero risultati superiori ad ogni più rosea aspettativa. Immaginiamo l’entusiasmo di Assandria e Vacchetta quando riportarono alla luce il fondo lastricato in pietra del Decumano Massimo, o quando videro affiorare le fondamenta del teatro, dell’anfiteatro o, ancora, del tempio dedicato a Giove. Fu una gioia sicuramente grande perchè le tante energie profuse avevano dato i frutti sperati e l’Augusta Bagiennorum, così tanto cercata nei secoli precedenti, era stata finalmente scoperta. Con gli oggetti rinvenuti dal sottosuolo gli studiosi allestirono il Museo Civico mentre la pianta cittadina che ancora oggi utilizza la Soprintendenza è quella tracciata pazientemente durante tutta la campagna di scavi durata ben 16 anni.
L’edificio venne riplasmato su una struttura preesistente a cavallo fra il ‘600 – ‘700 dagli Oreglia marchesi di Novello, conti di Castino e Farigliano e baroni di Isola, per poi passare nella prima metà dell’Ottocento al marchese Emanuele Lucerna di Rorà. Il palazzo, ricordato anche perchè ospitò Napoleone Bonaparte nel 1796 e che fu acquistato a metà dell’Ottocento dalla città di Bene Vagienna, attualmente ospita il Museo Civico, costituito all’inizio del ‘900 dall’Assandria e dal Vacchetta e che oggi conta tre sale museali al primo piano.
Una di queste è dedicata ai reperti più antichi. Si trovano infatti frammenti di marmi con iscrizioni dell’epoca romana, cocci di terracotta, capitelli, anfore, antefisse e segmenti dell’acquedotto romano in piombo ed in laterizio. Addossati all’ingresso gli stipiti originali del teatro romano scoperto in regione Roncaglia. Nella vetrina centrale: bronzi, ampolle, lacrimatoi, lucerne, vetrini, piccole suppellettili ed una statuetta di Mercurio. Nella seconda sala fa bella mostra di sè la raccolta degli stemmi delle famiglie che si sono succedute in Bene e la serie numismatica delle medaglie riproducenti tutti i personaggi di Casa Savoia. In un angolo si notano alcune chiavi di volta scolpite ed appartenenti all’antica Pieve.
